sabato, luglio 30, 2011

Capitolo 15) La fine dell'inizio

Avete presente quando, addormentati, si sogna di cadere?
Lo scantinato in cui ho ripreso conoscenza è umido e tenebroso; e silenzioso.
Questa quiete è artificiale, sospesa, come incompiuta; la viola solo un regolare e insistente gocciolare di un tubo rotto, che nella semi-oscurità non riesco a localizzare; e naturalmente il respiro affannato dei miei compagni di permanenza.
Non sono solo, ma non si tratta di Deborah e Oscar.

Oppure quando ci si immedesima a tal punto in un incubo, che la mattina successiva si ringrazia di poter continuare a mordere la monotona realtà di tutti i giorni.
"Dove ci troviamo?" - chiedo con un tono a metà tra lo spaventato e l'assonnato.
Due occhi gialli di fronte a me brillano nell'oscurità.
"Io e te non siamo già più nello stesso posto".
Nei film i detective privati colgono al volo queste frasi.
Nei film. Belli quei film.

All'improvviso una porta si apre, e una luce arancione metallica irrompe nella stanza.
Una sagoma, che i miei occhi ormai abituati all'oscurità non riescono ancora a mettere a fuoco, trascina Occhi Gialli sotto la luce, e lo alza in piedi a forza.
Gli punta una pistola alla tempia - ed in quel momento è come se sentissi anche io il freddo del metallo sulla nuca - e senza esitazioni fa fuoco.
Poi il boia già si rivolge a me, e io sento il sangue raggelarmi nelle vene : "alzati, è il tuo turno".
Non mi è mai accaduto di fare per due volte lo stesso sogno.

mercoledì, luglio 13, 2011

Il piccolo addio


Prima di addormentarmi ci sono notti in cui penso a come dormirei se il mattino dopo mi svegliassi sapendo di poter dedicare tutta la giornata solo alla scrittura.

Vado molto fiero di Contingenze Elementari, così come lo sono di Estati d'animo. Riferendomi a Contingenze Elementari, senza falsa modestia sono convinto che ci siano delle idee e delle situazioni veramente interessanti.
Tuttavia, pensare che il risultato coincida con il meglio che avrei potuto fare sarebbe sbagliato. Trascurando gli ovvi limiti del media che uso restano comunque le infinite ripetizioni, le ridondanze, gli angoli inconcludenti di testo in cui si finisce per arenarsi quando si porta avanti una cosa solo per passione e senza la dovuta attenzione.

Tornerò.

martedì, luglio 12, 2011

Contingenze elementari (tredicesima ed ultima parte)

Il proprietario del libro sbucò improvvisamente da un angolo, correndogli incontro.
Era seguito dalla madre, che poco distante guardava corrucciata uno spesso ventaglio.
"Siamo ancora indecisi, sai che vogliamo ridipingere la sua stanza. Aiutami a scegliere il colore, uno di questi qui. Intanto facciamo un attimo un giro nel negozio, torniamo subito."

Si ritrovò in un attimo nuovamente solo. Guardò il campionario incuriosito, aperto su una striscetta di gialli. Alcuni erano inconfondibilmente diversi, altri si distinguevano a malapena, diversi solo per minime variazioni di temperatura del colore. Uno catturò la sua attenzione. Gli sembrava proprio bello: avvolgente, esplicito, intenso.

Ma immaginò che non doveva essere un bel colore, doveva essere il colore per la stanza di suo nipote. Il colore dove avrebbe proseguito la sua crescita, o almeno una parte. Che cosa gli veniva richiesto allora? Un colore che gli sembrasse quello giusto per quel compito o un colore che gli sembrasse complessivamente il migliore? Sapeva che la sua scelta sarebbe cambiata a seconda della risposta, ma sapeva anche che se avesse dovuto scegliere quello più adatto per la stanza di un bambino ipotetico, assoluto, la scelta non sarebbe poi stata tanto distante da quella di sua sorella.

Ma allora perché avere la sua opinione, se il senso comune richiedeva un colore preciso? Serviva un giallo luminoso ma resistente agli stress cui un ragazzino lo avrebbe sottoposto. Lo poteva vedere chiaramente: una tonalità usata ed amichevole. Non era per insicurezza che il suo parere era stato chiesto, né per bisogno di una conferma.

La domanda era stata probabilmente posta senza un vero motivo, un pò per parlare e un pò per far parlare. Come per ogni cosa in cui il gusto era chiamato ad esprimersi, la risposta non importava poi tanto.

Gli sembrò chiaro in quel momento come il sogno non potesse essere altro che la rielaborazione e la contemplazione di qualcosa di interno, finito e personale; mentre la vita, la realtà condivisa con altri esseri viventi, non fosse che l'esperienza di eventi esterni ad ogni cosa e non appartenenti a nessuno. Si sentì disperatamente solo al pensiero che i due mondi della vita biologica e di quella della coscienza non potessero entrare in contatto.
Al massimo guardarsi, pieni di speranza, da lontano.

sabato, luglio 09, 2011

Elementi contingentali

Renato teneva stretto per mano suo figlio Giacomo, nonostante si trovassero nel cortile di casa e nulla potesse fare loro del male.
Faceva caldo in quella giornata di luglio, e persino lui aveva dismesso i soliti calzoni lunghi per un paio di bermuda beige, che però era consapevole di indossare goffamente.
Accadeva spesso che in quel periodo scendessero in giardino a giocare, una volta tornato a casa da lavoro, e una volta stanchi si mettessero seduti sotto l'ombra dell'albero di albicocco.

"Papà guarda! Arriva la signora Maria" - gli bisbigliò Giacomino tirandolo per la maglietta.
La signora Maria era la vicina del piano di sopra : Maria Centofanti, casalinga overSessanta, sposata con due figli; ogni pomeriggio verso le sei tornava a casa, sempre con i sacchi della spesa. E sempre con suo marito Walter appresso, ormai in pensione, che le camminava dietro a testa bassa, come un cagnolino, anche se, osservando il numero di sacchetti che portava, poteva assomigliare di più ad un mulo. "Ora sì che sono motivato per arrivare alle nozze d'argento" - sorrise perfidamente Renato.
I due non si sopportavano più, era palese : il peso degli anni passati insieme, della lunga convivenza sotto lo stesso tetto, si era fatto più forte del sentimento che li aveva uniti da ventenni. Litigavano tutte le sere - Renato dal piano sottostante li sentiva - probabilmente entrambi consapevoli di essersi accontentati quando erano giovani, quando avrebbero dovuto osare di più; e ora si ritrovavano prigionieri di una vita molto diversa da quella che avevano sognato. O probabilmente lei era rimasta incinta. Fregata. Patatrac!
Eppure rimanevano insieme, nonostante non vi fossero neanche più i figli a tenerli uniti, avendo abbandonato il nido da parecchio tempo.

"Papà, ma perchè la signora Maria ha sempre la faccia così triste quando torna a casa?" - Giacomino a cinque anni era nel pieno del Periodo dei Perchè. Fiumi di domande, e spesso alla prima ne seguivano altre, perchè quando iniziava la sua cantilena, era difficle porgli un freno.
E perchè il latte quando lo fa la mamma è più buono? Perchè i cani non cambiano i dentini come i bambini? Perchè io sono nato biondo con gli occhi azzurri quando tu e la mamma avete i capelli e gli occhi neri?
Ecco, quest'ultima domanda se l'era posta anche lui spesso.
Ancora prima che Renato potesse rispondere, Walter Centofanti bucò uno dei sacchetti, che squarciandosi rovesciò a terra tutto il suo contenuto, ed in particolare un pelato mal sigillato, che profumò lievemente l'aria di pomodoro.
La signora Maria inizialmente rimase impassibile, ma poi sfogò contro il marito una rabbia che doveva aver radici molto più risalenti rispetto a quell'afoso giorno di luglio; Renato dovette tappare le orecchie a suo figlio per evitare che l'anno seguente, al momento del suo primo giorno di elementari, fosse quello più preparato di tutti in quanto a parolacce.

Il signor Centofanti aspettò che sua moglie concludesse, e poi in silenzio raccolse tutto quello che si era rovesciato, sparendo nel buio del portone con un rapido cenno di saluto ai due involontari spettatori.
"Giacomo?"
I suoi occhi azzurrissimi erano proprio sotto di lui, ancora in attesa di una risposta.
"L'unico modo di vedere realizzati i propri sogni è accettare il rischio che questo possa non accadere".
E per quel giorno suo figlio non fece nessun'altra domanda.

venerdì, luglio 08, 2011

Contingenze elementari (dodicesima parte)

Ali Baba era entrato nella tana di quei mostri, trovando il ricco tesoro della guerra.
Un bottino disegnato in termini terreni, che tuttavia ora gli appariva come un tesoro più evanescente e più culturale.
Lo straccione Ali Baba era uno scrittore, un cantastorie, un poeta che incappando nelle mostruosità della guerra aveva saputo trovare e cantare le radici nobili dell'orrore.

Pensò alla tragedia, al teatro, alla scrittura in generale, alle foto e agli articoli dei reporter di guerra: posto che il dolore sarebbe sempre esistito, l'impegno gli sembrava essere quello di non distogliere lo sguardo, di entrare nella caverna e cercare i tesori che vi erano celati.
Ma a quale prezzo?
Non ricordava chiaramente la fine della favola, che comunque aveva più di una versione. In fondo, pensò amareggiato, prima o poi tutti fanno una brutta fine.

Il negozio di abbigliamento spense la musica, lasciando spazio ad un suono più lieve, fino a quel momento celato. In uno degli appartamenti affacciati sulla piazza, qualcuno stava esercitandosi al pianoforte. Si trattava di scale interminabili, noiosissime, che venivano ripetute per esercizio da un suonatore senza identità, da qualche parte in una stanza con la finestra aperta.

Cercò di concentrarsi sul nesso tra le Variazioni e la riflessione che aveva intavolato tra sé e sé.
Gli sembrava in qualche modo di aver cercato di guardare nell'occhio del ciclone, attirando con esche oniriche il predatore fuori dalla sua mente. La sua intenzione era stata quella di rivolgersi implicitamente ad una persona distorta, una in particolare, e di mostrarle e dimostrarle quante alternative esistessero rispetto alla violenza.

Inutile ripetersi ancora una volta come questo piano iniziale fosse in primo luogo di impossibile attuazione. Non c'era possibilità di iniziare segretamente un discorso con un interlocutore invisibile senza esporsi. Il passo successivo era quindi stato quello di prendere le cose alla lontana, incredibilmente alla lontana. Spogliandosi di qualunque volontà di dialogare, aveva lavorato intorno ad un ambiente definito, rendendolo internamente infinito. Pur di non rischiare di parlare troppo apertamente all'assassino, aveva finito col rinchiudersi intorno al timore di non lasciar trasparire le sue nobili intenzioni.

Gli tornò in mente un'altra favola, quella in cui pur di liberarsi di un segreto il protagonista lo finiva per sussurrare nel tronco di un albero. Sentì di aver fatto lo stesso. Le parole avevano dialogato con il tronco, crescendo e ramificandosi. Aveva avuto inizialmente nobili intenzioni, ma le aveva dovute accantonare per poterle esporre. Il mistero aveva quindi perso ogni possibilità di soluzione e se ne accorse il quel momento.

Girandoci intorno, approdando a temi che avevano raccolto più consensi, aveva finito per dimenticare il suo obiettivo iniziale. Se mai c'era stata una possibilità di redimere il killer di mezzogiorno, ammise di aver sprecato l'occasione.
Le Variazioni erano un fallimento che aveva avuto successo.

lunedì, luglio 04, 2011

Contingenze elementari (undicesima parte)

Prese il libro ed uscì, diretto all'appuntamento.
Guardò attentamente la spessa copertina di cartone mentre l'ascensore lo portava al piano terra.
Si trattava della riproduzione a colori di una delle immagini principali della storia: l'ingresso di Ali Baba nella caverna.
I tesori, luccicanti di tutte le forme della ricchezza, arrivavano fino al soffitto impreziosendo stalattiti millenarie. Ali Baba, a braccia spalancate, ammirava insieme all'osservatore una fortuna troppo grande per essere compresa solo con la vista.

Indossando gli occhiali da sole dalle lenti affumicate attraversò la strada, accelerando il passo alla vista del semaforo giallo.
I quaranta ladroni avevano molto affascinato suo nipote, il quale poneva continuamente domande durante il racconto per avanzare le sue ipotesi su quanto la trama taceva.

Arrivò in anticipo nel luogo convenuto. Da un negozio d'abbigliamento poco distante arrivavano mescolati tra loro musica chillout e profumo di zafferano. Inspirò profondamente vagando con la fantasia per ammazzare il tempo, che presto avrebbe presto portato ogni cosa in altri luoghi.

Immaginò la genesi della banda dei quaranta ladroni. Vide una flottiglia di pescherecci di legno in balia dell'Egeo in tempesta. Uomini che avevano visto la guerra approdavano in terre insieme antichissime ed innocenti. Depredando, rapinando, vivendo con naturalezza la vita di orrori che dieci anni nella piana di Troia gli avevano insegnato, avevano col tempo raccolto ricchezze per loro senza valore.

Arredavano una caverna, in attesa di capire il significato di quanto stessero facendo. Che fossero greci o troiani ormai non importava, i quaranta avrebbero affrontato insieme ogni nuova insidia, alla vecchia maniera.

Contemplò l'ipotesi che aveva fatto con un certo interesse. Il collegamento tra le due storie poteva anche essere cronologicamente impossibile, ma gli sembrava gravido di significati misteriosamente paralleli a quelli che aveva toccato con il suo arcipelago di sogni.

venerdì, luglio 01, 2011

Contingenze elementari (decima parte)

Il resto della serata passò senza fretta e senza lasciare il segno.
Prima di imbarcarsi sul taxi andò a ringraziarla, ammettendo che la serata era stata ben più di ciò che gli era stato promesso. Cercò per tutto il tempo di oltrepassare il suo sguardo, cercando di intercettare quello della ragazza minuta dietro di lei, che guardava da un altra parte giocherellando col monile della collana. Era lei, era stata lei, la sospettata.

Una lunghissima serie di soli gemelli si allontanò dalla villa, ora che la notte cominciava a diradarsi. Milioni di insetti si affollavano intorno ai fanali, mentre lui si abbandonava al sogno precaricato nelle vetture dalle padrone di casa.

L'inverno seguente cominciarono le prime indiscrezioni circa la nomination come Miglior Insieme Onirico Indipendente delle ormai celebri Variazioni. L'importanza della cosa lo scosse profondamente, liberando stati d'animo nuovi per le sue composizioni.
Benché il lavoro fosse stato via via sempre più rallentato l'ultima variazione che si era prefissato di comporre, la ventunesima, fu pronta prima dell'inizio della primavera.

A Maggio, durante una mattinata particolarmente ventosa, ricevette la notizia ufficiale della candidatura. L'uomo che apprendeva questa notizia non era particolarmente mutato da quello che aveva creato la prima variazione.
I capelli, tagliati regolarmente senza passione dal barbiere all'angolo, non erano tanto diversi da quelli dell'anno prima ed il piccolo appartamento in cui componeva non aveva subito che infinitesime variazioni.