sabato, ottobre 22, 2011

A Chuck,

In Vico San Cosimo si respira polvere e si butta fuori incenso
e quando sei seduto sul cesso,
il cesso traballa.
Se sei stato almeno una volta in Vico San Cosimo, e sei ancora vivo, sicuramente conosci le regole:
 non togliere il filtro al lavandino e non masturbarti;
per qualche inspiegabile ragione il lavandino si intasa spesso.

venerdì, ottobre 21, 2011

domotica con marsupio


La porta si chiude, ed io rimango solo.
Solo è un termine perfino nobile per la mia condizione, che presuppone il fatto che uno possa almeno parlare con se stesso, cosa che invece non mi è possibile.

La fissità del mio sguardo non nasconde le mie aspirazioni: guardami.
Sono un canguro di peluche alto due metri: guardami.
All'occorrenza posso fare da poltrona: guardami.
Il mio marsupio si apre e può fare da scrittoio: guardami.
Uno scrittoio con portabicchiere.

Nonostante l'eccentricità della mia natura, non sono propriamente un prodotto artigianale. Ma nemmeno a tiratura industriale. Non tutte le famiglie possono permettersi un amico gigante per i propri pargoli, considerato che alcune non possono nemmeno permettersi un amico e basta.

Appartengo quindi a quella fascia di prodotti artigianali confezionati in un ambiente industriale, con macchine per la grande produzione e tutto il resto. Un prototipo: la formula uno dei peluche. Questa peculiarità rende me e i miei simili uguali come prodotti in serie, ma ognuno lievemente differente dagli altri. Mi verrebbe da dire proprio come si considerano gli esseri umani.

A questo proposito sappiate che considerarvi sia "tutti uguali" sia "tutti diversi", dal punto di vista di qualcuno che lo è veramente, come me, è piuttosto ridicolo. Siete tutti uguali in modi diversi; e questo sì che serve a qualificarvi.

Se non fosse che per voi non nutro altro che un interesse scientifico, direi che sono innamorato della mia padrona, della ragazzina che vive in questa stanza.
Dannazione, sono così frustrato quando non è in questa camera. E non è perché lei può muoversi e io no, non è perché sono geloso del resto del mondo. Io accetto che viva, che sia altrove, che si sposti e non sia qui con me. Ma non tollero che, quando è in questa casa, sia in un altra stanza. Che non sia qui con me.

Odio quando va in bagno, quando guarda la televisione in salotto e quando gioca in cucina con le sue amiche. Detesto quando cena, quando sento che c'è senza poterla percepire con tutti quanti i miei pochi sensi.

Le case dovrebbero essere un punto e un punto soltanto.



lunedì, ottobre 17, 2011

Capitolo 17) Calvados e Maraschino

Corsi di barman : cerchi un lavoro che ti soddisfi?

Gòto é una di quelle persone che quando parlano sono capaci di farti estraniare completamente dal resto del mondo. Non ti lasciano scelta : concedi loro la tua completa attenzione.
E Gòto se la merita, se la merita davvero.

Dice che è lieta di vedermi, si scusa per i modi rudi di Lurch.
Me ne rendo conto, sto parlando di lei come se fosse una mia cara amica.
Forse è la sindrome di Stoccolma.

"Questa non è semplicemente una faccenda di volgari entraineuse"
Dopo l'assalto dei corpi speciali al Polpo di Genio, devo ammettere che il sospetto mi aveva sfiorato.
"Certamente però, in questa vicenda hanno un ruolo anche delle volgari entraineuse. Come la tua amica".

Sarà per quel modo magnetico di far roteare il bicchiere da una mano all'altra?
A me gli occhi please.
Sono Gòto, giù al piano di sotto c'era umidità eccessiva? La Direzione si scusa per il disagio.
E via con il movimento del bicchiere.

"Ti piace il mare? Non c'è niente che mi rilassi di più al mondo".

Vorrei dirle che "no, non è più mia amica" e che "si, adoro il mare" , ma quel che resta del mio tradizionale buon senso, e il lancinante dolore agli occhi, mi consigliano di limitarmi ad ascoltare, per questa volta.

Corsi di barman : vuoi aprire un locale tutto tuo?

"Qui dentro, abbiamo degli Artisti capaci di cancellarti, di farti sparire, di convincere lo Stato che tu non sia mai nato".

Buona idea Gòto, per festeggiare beviamoci un bicchiere insieme.
Quello che ti stai versando adesso mi pare di ottima annata.

"Poeti che in un pomeriggio potrebbero convincere tua madre che da piccolo non ti piacevano affatto le sue polpette, e che hai da sempre una voglia a forma di Corno d'Africa sul collo"

Perchè non mi servi da bere, Gòto?

"Oggi sei qui, domattina potresti chiamarti Simon, ed essere convinto di vivere a Marsiglia da dieci anni".

Nemmeno a Marsiglia avrei una fidanzata.
Gòto si bagna le labbra di grappa : prima d'ora non avevo mai guardato così una donna sopra i sessanta.

Corsi di barman

Settanta?
Ottanta?

Ho detto barman

"O magari a Nuova York; ti piacciono le grandi città, Sebastano?"

Da piccolo in effetti andavo ghiotto delle polpette di mia madre.

"Ti chiami Smith, e fai il venditore di Hot Dog all'incrocio tra la Sesta Avenue e la Ventiseiesima Strada; inizialmente ci si può sentire spaesati in una grande metropoli, è terribile lo so".

Conosce il mio nome : probabilmente Deborah a quest'ora non è più tra noi, e Oscar è fermamente convinto di non aver fatto altro nella vita che pescare trote in qualche fiordo norvegese.

"Immagino che tu voglia evitare tutto questo, Sebastiano".

Il bicchiere tra le mani di Gòto è vuoto.
Bussano alla porta, ma neanche questo basta per disincantarmi.
Voi la sapete la differenza tra Whisky e Whiskey?

"Oh, sei già qui Merlo? Entra caro, vieni a farci compagnia" - sussurra la mia amica lisciandosi i capelli bianchissimi.

Corsi di barman : vuoi guadagnare divertendoti?

Sono già a Time Square, le pubblicità luminose intorno a me sono accecanti, l'odore intenso dei miei Hot Dog mi riempe le narici.
Sono felice.

Gòto riempe nuovamente il bicchiere.

domenica, ottobre 16, 2011

avere l'avorio

Degli elefanti si parla di tutto meno che degli occhi.
Di che colore siano gli occhi degli elefanti poi, se ne parla ancora meno.

Degli elefanti, nonostante le ore e ore di documentari, so soltanto sei cose:
  1. hanno una gravidanza di quasi due anni
  2. sono naturalmente molto longevi
  3. hanno grandi orecchie
  4. sono paragonabili per peso o grandezza ad un multiplo intero di scuolabus o piccole utilitarie
  5. sono prevalentemente grigi
  6. il più importante di ogni branco veste un completo verde e indossa una corona *
Degli occhi degli elefanti, appunto, nessuna traccia. Tantomeno del loro sonno, dell'interazione tra occhi e sonno, dei loro sogni, eccetera eccetera. Cosa ingiusta, visto che del sonno e dei sogni degli altri animali si sa quasi tutto: i cavalli dormono in piedi, i ghiri dormono benissimo e le oche sognano di diventare veline.

E gli elefanti?
La chiave per capire il sonno degli elefanti sta forse nella loro longevità. Campando infatti fino a settant'anni senza l'ausilio di medicine, badanti e bocciofile si può assumere con certezza che gli elefanti abbiano un sacco di tempo per pensare.
Inoltre, non potendo praticamente parlare tra di loro, hanno sicuramente modo di spendere il tempo per parlare con se stessi.

Ma pensare a chi, parlare di che cosa? Non del Serengeti, che è sempre lo stesso sin dal precambriano, ma di sogni. Che cosa potrà interessare ad un elefante, che guarda tutti i giorni lo stesso tramonto sulla savana e la solita sceneggiata di iene e gazzelle davanti alle telecamere, se non il mistero delle immagini che gli appaiono nel sonno?

A questo punto è opportuno ricordare il modo di dire "elefanti mai scordan" che richiama la memoria e la passione per i vecchi rancori di questi grandi mammiferi. La loro grande pazienza, l'assenza di predatori naturali una volta raggiunta l'età adulta e la mancanza di internet creano una base perfetta per investigare i propri sogni con tutta calma e, una volta svegli, riavvolgere pian piano il filo della propria mente per ripensare a quanto si è sognato.

Sotto alle rughe, dietro alla proboscide prensile golosa di noccioline, si nasconde un animale perfettamente conscio di quello che ha intorno, che osserva silenziosamente la realtà e la realtà della mente attraverso il tempo che l'una concede in riposo all'altra.
Perchè se è vero che si dimentica in fretta, per ri-conoscere il proprio mondo non serve che ricordare lentamente.


* Visti i tempi dell'edilizia italiana e dato il sospetto diffuso che anche i muri abbiano le orecchie, si direbbe che muri ed elefanti siano in realtà la stessa cosa, ma facendo forza specialmente sul sesto punto non daremo credito a simili sofismi.

domenica, ottobre 02, 2011

La quintessenza

Dopo la fiera del male, il fantasma dell'Opera Pia, la logica della trilogia e dopo tre terzi, quattro quinti eccoci arrivati ad un nuovo appuntamento.
Come il pentagramma, la stella a cinque punte, come la mano e come le quinte teatrali, la quintessenza nasconde in se l'eccesso di un compimento: una sovrabbondanza di sicurezza, una riconferma che svolga al contempo il ruolo di elemento, di legante e di insieme.
La sua è sempre stata una presenza prefigurata, presentita, prospettata in un futuro sempre presente in potenziale e mai atteso: tempo al tempo.
Ma quanto, in che modo e quando questo tempo sia passato non spetta a me giudicarlo. La quintessenza è il ripasso di gesti mai compiuti, la ripetizione di novità sempre nuove.

Prefazione a cura dell'abate Faria

Si china sul ruscello montano, digrignando i denti nel fastidio che il freddo gli procura.
E' dissetante. Ma i suoi occhi non sono rilassati, non si chiudono grati su se stessi, concentrando l'attenzione sulla sensazione felice di bere dell'acqua.
Si spostano rapidi, spigolosi, irrequieti sulla cresta frastagliata che sovrasta la valletta. Non c'è niente in particolare che alimenti la sua allerta, ma il pericolo, si sa, non sempre indossa le stesse vesti.

Una reminescenza scuote il suo campo visivo: la sensazione dell'acqua sulle labbra gli riporta in mente sfuggenti figure marine, uomini pesce in marcia nelle profondità oceaniche. Stringe i pugni, grattando il muschio via dalle rocce, strappando fili verdi e sottili dalla terra: un sapore metallico gli lambisce le gengive, facendo balenare ricordi di tramonti e scalinate sul mare.

Un altro sorso, un'altro scossone e una raffica di tramontana gli scuote i capelli, che si allungano e si accorciano attorcigliandosi di momento in momento. Un soffio ricolora zone assopite di un ceppo bruciacchiato, innescando la fiamma di un faro.

C'è un bambino, molti anni prima, che urla di gioia e terrore tra le mura di casa: è un gesto barbarico, annoiato, ferino, oltraggioso, subacqueo, quasi scimmiesco.
Ma è un urlo liberatorio, sta guardando i cartoni animati.
Hai mai sentito il cosmo bruciare dentro di te?