domenica, gennaio 27, 2013

Pangramma

Se è vero che i mezzi pubblici sono rimasti la cosa più simile ad un monastero, in cui delle persone condividono silenziosamente uno spazio, allora mi sento più sereno e libero di dire quello che voglio.
Questo post, questo intero percorso, comincia con un SE.
Questo, secondo la logica del mondo, rende inutili tutte le mie parole (la storia non si fa con i "se" e con i "ma") riducendo l'esistenza all'esistente. Fatico tuttavia ad accettare che le ipotesi, le supposizioni e le reinterpretazioni non arricchiscano la realtà, facendo in effetti parte della Storia.

Molti del racconti di Philip K. Dick si concludono. Nel senso che la conclusione del racconto coincide, spesso e volentieri, con la conclusione dell'esperienza della realtà dell'oggetto del racconto, che trascina nel nulla con se tutti gli altri elementi con cui ha condiviso lo svolgersi della storia. Quindi si potrebbe discutere sul fatto che questi racconti, e non quelli che terminano con un laconico "fine", non siano in realtà gli unici finiti davvero. Esistono quindi universi congelati a metà del loro essere, nati da qualcosa e non dal nulla, morti ma ancora esistenti, prigionieri e distanti dal niente cui anelano tornare.

Un blog, iPiroga, I Tre Caballeros, non è poi tanto diverso da una serra in cui le realtà vengono seminate già adulte per poi scomparire, dopo un timido e non letto vagito, pur continuando ad esistere. L'approccio della critica e dell'autocritica conterrebbe quindi al suo interno una sorta di eutanasia delle storie, la cesoia che recide quei rami secchi nati da se e dai ma, che reclamano al pari del fusto la linfa per continuare ad esistere. Un blog, iPiroga, I Tre Caballeros, ha però la possibilità di meta-auto-criticarsi, richiamando eventi passati come futuri, ri-linkando nel nuovo il vecchio ed il nuovo nel vecchio. Re-intepretando, esaminando negli scritti odierni elementi delle loro forme giovanili e viceversa, aggiustando il tiro e ricucendo tanti piccoli strappi nel tessuto connettivo della realtà in un unico squarcio portante.

Come se tanti piccoli addii potessero unirsi gli uni con gli altri per diventare un saluto, se non proprio un addio vero e proprio. Come se le contingenze elementari potessero mettersi d'accordo, rompendo il silenzio che vige tra le coscienze sui mezzi pubblici, generando piccoli fatti accidentali ma premeditati.

A chi mi chiede se tornerà mai il fumetto degli iPiroga rispondo ugualmente che se il futuro è già qui potrebbe essere interessante cercare di capire come lo vivremo e quindi scegliere di viverlo, tenendo aperti i nostri piccoli occhi. Le memorie non vanno traviate ma devono essere libere di esserlo, perché delle indicazioni per non ingarbugliare la matassa della realtà percepita non coincidono con quelle utili a non ingarbugliare la Realtà che se ne frega di essere percepita o meno.

Et cetera et cetera...

sabato, gennaio 26, 2013

"Una ferma presa di posizione"

Facebook:
Il 90% dei neo iscritti ha appena troncato una relazione duratura con il proprio partner.
Il 95% di coloro che sono già iscritti intensifica la propria attività in conseguenza di un abbandono.
Nella foga da agenzia di stampa, qualche pivello del giornalismo da tabloid ora commenterebbe: "dati allarmanti".
Dati allarmanti è una di quelle amene espressioni giornalistiche che sono diventate frasi fatte prima, un topos scaduto poi.
Credo che esistano fra voi degli esperti di grammatica, gente dotata di questa passione perversa: ecco, voi, i grammatici, chiamate queste formule stereotipi. Per un amante della lingua sono una "macabra scoperta". Quante volte dovremo ancora sopportare formule così vuote e inespressive.
Fino all' Apocalisse, sostantivo femminile.

Quindi siete al corrente dei suddetti dati allarmanti?
Certo, siete al corrente, mi avete informato voi.
So cosa vi aspettate, un' aspra critica alla Guenon, sono questi, è vero, i segni dei tempi. Ma non ho alcuna velleità di censore, non mi diverte più mettere alla berlina chi non si è soffiato il naso e ha il moccolo.
Messaggio per coloro che aspettano l' Apocalisse: non solo è vicina, ci siamo a bagno; si apocalisse è sostantivo femminile.

Non mi perderò in una qualche requisitoria, oh mores, non dirò guarda! lo stronzo di turno! Non farò i buoni e i cattivi sulla lavagna o sul diario come vi hanno insegnato a scuola. Sono quelle "nette opposizioni" alle quali nessuno crede seriamente, ma che uniscono alla forza dell' abitudine la forza delle cose che ti sono inculcate da piccolo. Mangia la minestra o salta dalla finestra; ma perchè, ma che senso ha, qualcuno mi spieghi perché non si possono fare tutte e due. Con buona pace di Galileo, un corpo pieno di minestra, pesa di più e cade più veloce. E tuf! "un' agghiacciante scoperta"

Non voglio fare come quei tabacchini che ieri vi dicevano (con "un atteggiamento fermo e responsabile") che è triste vedere tanta gente che si rovina col fumo. Ora hanno cambiato litania: com' è triste vedere tanta gente che si rovina col gioco. Ma i tabaccari come fanno a saperlo, sono tutti assistenti sociali? No. Allora sono... sociologi? No, è che hanno riempito la loro bottega di macchinette mangiasoldi ("una clamorosa truffa"). E sono affiliati a una qualche agenzia che ti permette di scommettere anche sul numero di peli del culo del principino Harry ("un vergognoso baratto"). Ecco come lo sanno.
E' triste sì, ma se non lo faccio io, tanto lo fa qualcun altro .
In poche parole "Una decisione sofferta".

sabato, gennaio 19, 2013

Malcom xxx


Alcuni cartomanti danno un unico significato alle singole carte. Altri invece hanno riguardo anche al verso nel quale vengono scoperte: dritte o a rovescio. Più correttamente.
A me piace quando l' Appeso esce al rovescio. Provo dei buoni sentimenti per quell' uomo che non riesce a decollare, legato come uno dei palloncini del Luna Park della località balneare dove andavate d' estate. Forse a voi non piaceva; ma non c' era nient' altro da fare, alla sera.



                                                L' Appeso, Pamela Colman Smith



Casa sua era un labirinto.
Di pornografia.
Casse di porno. Vecchi VHS con qualche grande successo vintage.
Giornaletti del tempo del liceo, o forse anche prima.
C' era anche quell' amatoriale che aveva portato nonno, indietro dalla Thailandia; gliel' aveva fottuto la sera in cui aveva tirato le cuoia. Vecchio porco bastardo, era andato là a dar fondo al patrimonio di famiglia. Era tornato con quel sorriso beato e fuori dalla chiesa qualcuno aveva azzardato che era passato da un paradiso terrestre a uno celeste. Il Purgatorio dovevano essere stati quei due giorni intercorsi fra la data del suo ritorno e quello della sua definitiva partenza; questa precisazione risulta necessaria per coloro che si attengono alla dottrina cattolica post tridentina, che riconosce l' esistenza del Purgatorio. Lui sapeva che quei due giorni non potevano essere bastati a nonno. E ripensandoci meglio aveva cominciato proprio con quell' amatoriale la sua collezione, la sua mania, la sua obsessio: forse quella cassetta aveva una macumba o qualche altra diavoleria simile. E forse la ragazza del video non era neanche maggiorenne. Anzi, per dirla tutta, non lo era.
Capite bene, anche se siete dei dogmatici non particolarmente ferrati, che queste considerazioni ostavano alla salvezza di nonno. E Malcom, come si presentava in video-chat, era un dogmatico.
Poi aveva anche Dvd e Blu-ray. Non lo facevano impazzire; troppo definiti, perdevano, secondo lui, la dimensione del sogno.
E poi c' era tutto il porno che non si vedeva: quello storato in vari hard disk mobili; perchè si sa, chi, come Malcom, è nato con un porno fatto in una certa maniera, non voleva rassegnarsi a visionare qualche video in streaming. La cosa lo faceva sentire a disagio, impoverito, era un vulnus alla sua soddisfazione, ai suoi complessi di dominatore: doveva materialmente possedere quei byte. Certo, ogni tanto faceva anche quello, bazzicava, come si dice di quei puttanieri in bicicletta, faceva il pornografo peregrino, per tenersi aggiornato. Era uno che voleva essere dottore, in materia. Scriveva anche qualcosa, sui forum dedicati: aiutava gli utenti più acerbi, meno preparati, a trovare quella starletta che compariva da 31.40 a 33.10, lì sullo sfondo, in secondo piano. Non quella bionda che si sta masturbando, l' altra, quella che sembra lì per caso. Amava quella domanda: come si chiama; e la seconda lo mandava in visibilio: ha fatto altri film. Era il paladino di quei novellini primopelo: un venerabile Beda del porno.
Il più grande porno labirinto era nella sua testa. Era disordinato ma efficiente. Non dimenticava mai un nome o una scena. Andava a dormire con tanti flash pornografici. Si svegliava con tanti flash pornografici; li sognava. E quando se ne andava in giro, girava un porno. Con la fantasia, se vi piace la parola, ma in versione riveduta e corretta, catechizzata da una quarantina di scene tipiche. Nella vita, manco a dirlo, Malcom era un perfetto fallito; e poi non era abbastanza schizzato per non rendersene conto.

Non ci faceva neanche caso a quella valanga di porno disseminati per casa, tanti erano i porno impressi indelebilmente nella sua memoria. Era come Platone: bisogna sapere più di quanto si scrive di sapere; lui uguale, bisogna conoscere più porno di quelli che si possiedono.
E e in verità non ci faceva più caso da molto tempo, a quell' immenso mucchio di porno intorno a lui. Poteva continuare così, come un matrimonio di ferro, fra lui e l' ammasso pornografico. Se le pareti non avessero cominciato a stringersi come nella parodia porno di Indiana Jones. Proprio così, le pareti di casa sembravano aver deciso all' improvviso di stritolarlo. Lui, con le sue collezioni. Avete presente i demolitori di auto, quelli che riducono a un cubo la vostra beniamina, la vostra fedele compagna per un decennio, la vostra Fiesta?

Certo che ce l' avete presente. Ma che patetici quei narratori che si divertono a inventare titoli di film porno. Io sono uno storico e sento il dovere morale, l' imperativo categorico, di raccontarvi che il primo VHS a cadere fu quello di “Carni impazzite”. Fu quello a fargli cambiare idea, a fargli pensare per la prima volta di farla finita. Se siete dei borghesucci mettetevi pure la tuba nera di Freud, fatevi un giro di coca e pensate ad una psicosi.

Aveva acquistato tutto il necessario. Aveva comprato una di quelle corde spesse, chi è cresciuto vicino al porto sa di cosa sto parlando. Prima erano di iuta intrecciata, oggi le fanno sintetiche: durano di più, costano di meno e non fanno più quella porca figura di un tempo. Lui le conosceva per altri motivi: le aveva viste almeno un milione di volte nelle sue proiezioni. Non aveva mai avuto il coraggio di ammettere che gli piaceva quel genere di robette. L, aveva fatto un punto d' onore. Ma quel giorno, il suo ultimo giorno, con rammarico, aveva deciso di essere sincero: aveva sentito che all' inferno c' era un girone apposito per chi dice che il sadomaso no, non fa per lui. Sembrava quel cazzo di Charlie Chaplin nipponico che si inchino' davanti al generale MacArthur, subito dopo aver ammesso alla radio che lui, l' imperatore, era un figlio di putttana come, e probabilmentè più, degli altri; e, in poche parole, che non si trattava di discendenza divina.

Aveva scelto di morire. Era davvero un po' patetico, con quella saponetta in mano; aveva sentito che il sapone rendeva più facile lo scorrere della corda. Su wiki, si, era lì che l' aveva letto; gli piaceva wiki, subito, appena creata, gli piaceva l' idea, e per tanto tempo aveva curato la sezione hard. Poi basta; lui era un innamorato della pornografia: e lì, ecco, non si faceva una buona informazione.

Fa il nodo, lancia la corda, la anndoda alla trave, la sedia, è tutto pronto.
Gli sembrava di essere sul set di “per una pugnetta di troppo”, un porno western. Cazzo una produzione che lo arrapava parecchio, ma troppo limitata e con attrici di seconda categoria.
La morte, la morte, la morte è una cosa seria, non doveva pensare al suo porno. Però aveva anche sentito di uomini che si vantavano di morire come avevano sempre vissuto.

Calcia la sedia. E' appeso. Signore, se mi liberi non ti offenderò più con queste cosacce: lo dice piano. Il nodo si spezza. O meglio, si scioglie. Lui cade a terra. E' quasi incolume: nella caduta la sedia rovesciata e i suoi testicoli sono entrati in rotta di collisione. Un segno?
Qualche giorno resiste, sulla scorta dell' esperienza e del dolore.

Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno.
Sorride: ma che Signore degli Eserciti, era il nodo che era fatto male.

Curatore testamentario

Il mendicante arabo ha un cancro nel cappello, ma è convinto che sia un portafortuna.


                                                      
                                                Elisa Boccedi, Il Cappellaio Matto.



Aveva avuto la diagnosi.
L' ennesima diagnosi; l' ennesima malattia. Che si aggiungeva alla lista.
Ed era arrabbiata. Sapeva che in qualche modo era lei stessa la causa di quella nuova malattia. Che si aggiungeva alle altre dalle quali era affetta.
Anche quel male non le piaceva. E qualcuno potrebbe stupirsi del motivo: non è difficile da capire. Non è neanche il Vangelo. E' una verità: quel male non le piaceva perchè non era male abbastanza, non era come se l' era immaginato, come lo aveva voluto, come lo aveva desiderato.
Era arrabbiata. Nella folle solitudine dell' insicurezza, nel pensiero che si ripete fino a diventare ossessione, era lei che l' aveva desiderato. In quelle notti assurde, passate a inseguire sogni irrealizzabili o incubi, era stata lei a volerlo.
Come si desidera un figlio e al tempo stesso si ha paura: tanta paura. Ma lei era arrabbiata. Quel male era il male sbagliato. Quel male non l' avrebbe uccisa; almeno non direttamente e in tempi brevi. Era arrabbiata perchè non si trattava di un male lieve ma neanche di un male tragico.
Lei voleva solo essere libera. E quel male non l' avrebbe autorizzata a fare tutto cio' che voleva, a dare di matto, a inseguire un' idea malsana o a diventare una santa fottuta. Quel male la lasciava nella palude melmosa della mediocrità: lei che era una sirenetta. Questo male le toglieva qualcosa e non le restituiva niente, come un aborto. Era irreversibile, inguaribile; era lo specchio di qualche ferita. Lei non voleva essere curata: voleva solo diventare libera. Non voleva essere compatita. E così, ora, il problema si poneva di nuovo: non se ne sarebbe andata abbastanza velocemente e doveva trovarsi un uomo.
Un uomo come lo voleva lei, almeno quello. Quell' uomo doveva essere insensibile alla sua malattia. Uno di quegli esseri incredibili dotati di qualche stupido maniacale hobby. Si, ci teneva a salvaguardare il ruolo della martire in faticosa lotta contro forze che si oppongono alla sua realizzazione. Lei voleva che lui la trascurasse: magari per qualche stupido maniacale motor show. Si sarebbe stufata di lui, certo, un giorno. E quel giorno gli avrebbe rinfacciato di essere un maschio egoista. Si sarebbe stufata: si sa, i futuristi sono dinamici e si illudono di poter passare sopra la vita con la mitraglia della loro motocicletta.

Poi avrebbe pianto. E poi tutto sarebbe ricominciato da capo fino all' ultimo male. Quello che l' avrebbe uccisa. Quello che avrebbe fatto di lei una paziente terminale:
in quel momento, forse, desiderò guarire.

Gloria in excelsis Sirenetta.

venerdì, gennaio 18, 2013

L'uomo dietro Holiday Djinn

Il disco che comporrei si chiama Holiday Djinn. La parola Holiday non è un retaggio di sprecata cultura esterofila, anche "vacanza" non è male, ma Holiday in inglese viene dall'unione delle parole sacro e giorno. La vacanza è un giorno sacro, un concetto che mi piace. Djinn è invece un termine arabo che indica esseri soprannaturali capaci di qualsiasi cosa. Sì, Djinn l'ho anche scelto perché è un termine esotico ed inusuale.

Rischio di perdermi nel cercare di esprimere sinceramente e con parole quello che ribolle in questa mente. Io credo si possa, da qualche parte nel profondo, sfuggire alla logica a due che equilibra la chimica del corpo con il libero arbitrio dell'anima. Scegliere di perdere, una volta tanto, una battaglia dolorosa e sofferta a favore del proprio avversario. Deporre le armi, non alla ricerca di una strategica clemenza, ma per il maggior bene del proprio prossimo.

Fate la carità: come abbiamo potuto legare la massima virtù teologica alle nostre conchiglie senza valore se non per bisogno, per mancanza di una vera carità? C'è un punto in cui gli uomini devono cercare di esprimere qualcosa che possono udire soltanto dentro se stessi. Non è la tintinnante campana che definisce la fine della libertà dell'altro, quella stessa campana della divisione che faceva piangere i Pink Floyd, tantomeno il solitario sospirare della propria giustizia.

Ogni giorno è il giorno sacro del potere, in cui ogni scelta è possibile, in cui l'effetto lenitivo del lavoro sulla vita si rimpicciolisce fino a svanire. Come può aiutarci un'intelligenza da cruciverba in questa titanica impresa? Ci si può comportare come santi senza esserlo?
Queste sono reminiscenze di domande più vaste che sono germogliate dentro di me in treno, nel silenzio creato dalla presenza di altri come me. Domande che muoiono come muore il soffione all'abbandono dei semi, perché già mentre vengono formulate per essere scritte decadono in poco meno che lettere.

Infine cercare di sorridere, non per riflesso nervoso, per prassi o per malizia, non per celebrare un successo o l'orgasmo, non per specchiarsi nel rassicurante tendersi dei muscoli facciali: sorridere per sorridere salutando noi stessi nella trascendenza.

lunedì, gennaio 14, 2013

Caino e Adele



Holiday Djinn è il titolo dell'album che comporrei se fossi un musicista. Sarebbe un disco jazz, ovviamente un capolavoro. La ragione per cui lo chiamerei così sarà spiegata più avanti, per uccidere anche l'ultimo barlume di curiosità.

Le menti non amano capire, amano capire le ragioni. L'età dei perché non finisce, per fortuna. Continua instancabile, finché un pomeriggio cliccando "Una voce a caso" su Wikipedia non vieni a sapere di un pugile ed una cantante. I due dapprima non si amano, ma poi...

Il ritorno alla realtà è brusco, sofferto, come quando certe notti mi sveglio prono, sdraiato sulle due braccia ormai intorpidite. Le tratto con delicatezza, nonostante il sonno, sapendo che se dovessero prendere un colpo non ne sentirei il dolore. Ritorno a dormire.

L'intelligenza è un'illusione, un sottoprodotto del bisogno di mangiare e riprodursi. Forse solo di mangiare, per vivere e vedere cosa? E vedere, e-vadere? Evadere dalla vita attraverso la vita, allora procreare. Quindi mangiare. L'intelligenza è un cruciverba, in cui ogni definizione trovata è il suggerimento per la seguente, fino ad arrivare al minimo comune denominatore di ogni essere umano.

Credi di parlare di dio, di economia, di una commedia in cui recita Clark Gable. Credi di toccare le altre persone con la tua angelica voce britannica, di toccarle con un pugno avvolto nello sport, ma stai sempre girando intorno ad un piatto di pasta ed un marmocchio.

Credi, non mi sbilancio a dire che fai bene o fai male. Perlustra il tuo stesso mistero, ma tieni bene a mente quel "tuo" che indica possesso. E' ancora possibile un'evasione? Che non sia un'evasione da Matrix; o da internet, attraverso la via della seta; o dalla letteratura, attraverso una tromba munita di sordina?

L'intelligenza è come i lavori con cui la nostra società moderna occupa il nostro tempo, non creano cibo o bambini ma in fondo servono ad ottenerli. Che differenza c'è tra un astronauta ed un contadino? Dov'è, se esiste, la scintilla che ci rende più di una macina velocissima, capace soltanto di rompere ogni significato in qualcosa di elementare?

Lo spazio, il jazz. Lo spazio del jazz ed il jazz dello spazio. Se ascolti Sun Ra arrivi a pensare che le due cose in fondo coincidano. Se ti annoi, nell'attesa, gioca con la tua intelligenza: siediti in una stanza, lontano dal mondo, con un dizionario italiano-cinese.

sabato, gennaio 12, 2013

Fuji come la mela, come lo spicchio di realtà che ci vogliamo sbranare


in sogno ho visitato il Fuji, mi era stato accreditato come il Paese degli dèi.

Dove sono finiti
gli esseri divini
che un tempo abitavano sul monte Fuji?
La loro fama, invero,
era grande,
almeno in tutto il Giappone.
Sembra che non ve ne sia più traccia.
Trovo chioschi di bibite,
panini quanti ne vuoi,
osti che ti pregano di rimanere per la notte,
bancarellari di gadget e di ricordini:
forse ogni epoca ha i suoi dèi e questi hanno tolto di mezzo gli altri.

sabato, gennaio 05, 2013

Avanzi

Non sono poche le tracce di focolari rinvenute accanto a scheletri del Paleolitico. Riscaldare ciò che è divenuto freddo, propiziarne la risurrezione: come negare che possano essere ricondotte a tale genesi le pratiche di cremazione dei corpi? E anche il lume accanto alla tomba, o il cero rosso della Presenza in una chiesa, trovano in considerazioni di tale tenore la loro ragione. Una delle cose più evidenti e comuni della morte del corpo è proprio il freddo; Foscolo nei suoi sepolcri liricheggia: urne confortate dal pianto. Urne fredde. Sacrari freddi. Ossa, ceneri: fredde.
 
Portatelo al sole!

Lieve un tempo il suo tocco lo destava,

in patria, sussurrando di campi inseminati.

Sempre lo ridestò, persino in Francia,

fino a questo mattino e a questa neve.

Se ora qualcosa può farlo svegliare

il buon vecchio sole lo saprà.

Pensate un po' a come desta i semi,

a come in quel Giorno destò le argille di una fredda stella.

Le membra, frutto di tanta cura,

i fianchi forti, ancora caldi,

possibile che sia così difficile svegliarli?

Per questo, dunque, s' innalzò l argilla?

Perché i raggi del sole si sprecarono nel rompere il sonno della terra?

Vanità, Wilfred Owen

Il sacro fuoco dell' artiglieria, caso peculiare di fuoco che fa diventare freddi, propone un quesito a quelli che credono nel destino: perché alcuni se ne vanno presto, altri se ne vanno tardi?

giovedì, gennaio 03, 2013

Rocco Pappaleo

La mia ispirazione ha l' andamento metrico delle centurie di Nostradamus: con queste condivide un dato, la cripticità. Nel riportarla fedelmente si contraddistingue per una certa cadenza che si riscontra sia nel testo, sia nel fatto materiale della battitura. Battitura che definirei costante fino al doppio colpo finale, che riproduce una certa visione freudiana dell' orgasmo. Altrimenti si potrebbe parlare dei fumi neri della possessione.

Onde fuggire il rischio di dare un qualche adito a chi mi vorrebbe internato tenterò di diluire, rallentare, la trama della mia ispirazione, consapevole del rischio di portare alla luce difetti e verità; l' aereoplano del futurista non ha bisogno di far figurare le ali, perchè, passando come razzo, non si presta a critiche. E se avesse un elica corta, badate bene, nessuno se ne avvederebbe, ma anzi sarebbe elogiata la velocità della sua performance.

Cosa nutre l' illusione di una vita ordinaria? Direi il credere di essere nati e di morire, in entrambi i casi accadimenti che non sono nella nostra disponibilità. Sembra lecito dubitare della spiegazione che Plutarco da' della pratica egizia di far circolare nei sacri banchetti l' immaginetta di un defunto: ritiene infatti che questa usanza trovi la sua ragione nell' invito ai commensali di godere del momento presente. Si tratterebbe dunque di un edonistico e volgare richiamo ai piaceri del corpo, un ' impostazione che può agevolmente riportarsi alla mentalità greca, o al massimo al momento dell' elenizzazione dell' Egitto. Posto che l' usanza non può essere ricondotta a tale giustificazione, tenuto conto della mentalità egizia e del concetto di Mè è, bisogna investigarne il vero significato. Va escluso che si tratti di un memento mori ante litteram. E' invece da ricondurre ai riti iniziatici di intronizzazione del sovrano e alla risurrezione, tematiche ben più consone ad un banchetto sacro. Come un capriolo, ecco lo vedo, si rotola nella neve, saltella, si sdraia prono, rizza la coda, mostra i denti, al richiamo si beffa del padrone, ma quello è un cane: vicino al marmoreo arco ove giacciono le ossa di eroi, nel freddo sacrario, cannoni! Due grazie, sulla ventina, qualche passeggino, un ragazzino sul bob, le nuvole rosse! E il silenzio. Non è una contraddizione continua, l' assenza nell' inseguire un pensiero? Chi può dire di essere nato. Dodici ore di sonno inframezzate da continui risvegli ti mandano in pappa il cervello e ti fanno capire come stanno le cose. Magari impegnato in un putrido sogno temi che sia reale la violenza che stai perpetrando, ti muovi di casa in casa, o forse è lo spettro della tua oscenita', cerchi la vittima prescelta, la mieti: la Patria sfondata! E' la vittima tremante che si immola a scegliere il suo carnefice? Isacco rispondi. O forse vi e' un libro, di rame, le pagine sono pesanti, con i nomi degli eletti; e, se tutto fosse una prova, certamente in conseguenza di una deprivazione di sonno falliresti. Ma non è poi tanto diverso l' abuso di sonno per l' insonne, come la grappa somministrata al poppante merdoso. Se delle spirali di energia tu segui le nere, mettendoti in condizione di cadere dapprima annientando la volontà e poi volendo liberamente il tripudio orgiastico e libidinoso, il delirium di chi ti si assoggetta ti infonde la forza del dominatore. Quando ti svegli e ti accorgi di non essere solo, nell' istante in cui si congiunge la macelleria bulgara del sogno con una qualche forma di primitivo affetto, la vedi tremare, non sei solo, l' amore per la Patria ti riscalda.



Con la presente Vi rendo il favore dei Vostri stucchevoli e pindarici post, i quali mi hanno disgustato, costante tributo alla Vostra vanagloria, veleno per i lettori.